RISORGIMENTO POP


RISORGIMENTO POP
memorie e amnesie conferite ad una gamba








































“Io ho creduto evocare l'anima dell'Italia 
e non mi vedo innanzi che il cadavere” 
                     [ Giuseppe Mazzini, 1870 ]


con Daniele Timpano, Valerio Malorni, Gaetano Ventriglia
drammaturgia e regia Daniele Timpano, Marco Andreoli

Selezione Face à face - paroles d'Italie pour les scènes de France 2011


L’Italia non risorge. L’Italia non c’è. La Storia non c’è. Perché è sempre inattendibile, la Storia. Nella ricostruzione dello storico, come nei ricordi dei testimoni, nelle fiction, come nei romanzi, negli spettacoli dei Baliani e dei Paolini, dei Timpano, degli Enia e dei Celestini, così come nella Tv di Alberto Angela. E allora bisogna prendere tutto con le pinze perché tutto, ahinoi, dev’essere interpretato, aggiornato e discusso. Le cinque giornate di Milano, l’impresa dei Mille, Porta Pia e Pio IX, Garibaldi e Mazzini: altrettanti momenti e figure che propaganda, vulgata e retorica hanno appiattito, sbiadito e incastrato in quel mito di fondazione forzato, immaginario e falsamente concorde che chiamano Risorgimento.
Con almeno un risultato di rilievo: che la parola Risorgimento, con buona pace di leghisti, neoborbonici e papisti, ci piace tanto. Come ci piace la pizza Margherita, tanto per restare in tema, e Garibaldi che comanda, e il panorama del Gianicolo, e le due chiacchiere a Teano, e Nino Bixio, uno dei mille, e persino l’inno di Mameli.
Perché tutto questo è pop. Non semplicemente popolare. Popolare è Pippo Baudo, popolari sono Albano e Miss Italia, Gigi D'Alessio e la Tatangelo, popolare è il partito di Casini. Ma Sergio Leone, cavolo, è pop; il Bacio Perugina è pop; Madonna, Battisti, Caparezza e Rey Mysterio sono pop. E Britney Spears: anche lei è pop. Anzi; la sua giovinezza è quasi neogaribaldina, così come le sue resurrezioni, i suoi rutti post-glamour, la sua retorica virginale.
E l’Italia? Con tutte le sue recrudescenze, con lo splendore millantato, con le mafierie del quotidiano, che cos’è oggi l'Italia?


Risorgimento pop è uno spettacolo sull’Italia che non c’è, sull’Italia che non sorge, che se è risorta, è rimorta, uno spettacolo sul Risorgimento, sui quattro padri della patria, Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele, e sul suo antipapà, Pio IX. Due attori, risorti e rimorti, immortali cadaveri, soli in scena, in mancanza di Italia. Per un risorgimento pop.


drammaturgia e regia Marco Andreoli, Daniele Timpano
con Daniele Timpano, Gaetano Ventriglia
disegno luci Marco Fumarola
cadavere di “Giuseppe Mazzini” realizzato da Francesco Givone
progetto grafico di Pierluigi Rauco
musiche aggiuntive di Marco Maurizi
collaborazione artistica di Elvira Frosini

produzione amnesiA vivacE, Circo Bordeaux, RialtoSantambrogio, Voci di Fonte - Festival di Siena
con il sostegno di “Scenari Indipendenti” - Provincia di Roma
in collaborazione con Ozu, Area 06, Centro di Documentazione Teatro Civile, Consorzio Ubusettete




Materiali video

RISORGIMENTO POP
con Valerio Malorni e Daniele Timpano



Teatro Arvalia - Roma
10 marzo 2011


NO MAZZINI? NO PARTY!
Concentramento sintetico di "Risorgimento pop"
con Elvira Frosini e Daniele Timpano


 

Versione speciale sintetica dello spettacolo "Risorgimento pop" realizzata appositamente per la Notte tricolore presso la Casa delle Letterature di Roma all'interno della manifestazione "Vigorosamente italiani" organizzata da PAV / Zetema 16 febbraio 2011

Estratti dalla rassegna stampa:


“L'ineffabile Daniele Timpano continua a rivolgere il suo sguardo verso personaggi illustri: dopo Mussolini e Mazinga è la volta nientemeno dei Padri della Patria, dei protagonisti del nostro glorioso Risorgimento. Un tema attualmente dallo smalto un po' appannato ma, niente paura, Timpano e il suo degnissimo complice Marco Andreoli, quali novelli Don Chisciotte e Sancio Panza, lo sviscerano a puntino in una specie di cabaret a volte quasi metafisico – e venato di cattiveria – che si dimostra sempre intelligentemente corrosivo. Un varietà che l'impeto dei protagonisti fa diventare ipnotico e che dopo un inizio elegantemente surreale, con i due che si stagliano su di un fondo dai colori della nostra bandiera in clergyman e con il volto coperto da un bianco drappo, trova il suo ritmo in un vertiginoso frullato di gag. Gli autori ci tengo a evidenziare il fine didascalico della messa in scena e, in effetti, fanno di tutto per indottrinarci, informatissimi, rivelandoci episodi sconosciuti o dimenticati mentre qualche tradimento sono tentati di perpetrarlo. Risorgimento pop, al debutto al Festival Primavera dei Teatri di Castrovillari, è uno sberleffo grazie al quale il presente può sembrarci più chiaro, un gioco molto serio agito in leggerezza e profondità per leggere la Storia e scrivere in modo nuovo la scena. Il tormentone sulla morte sempre diversa di Anita fa da perno intorno a cui galoppano vizi antichi e moderni, illumina con soave ferocia episodi gloriosi e gloriose meschinità mentre i due artefici tessono il quadro di una nazione che non sa assumere un'identità perché non riesce a guardare al suo passato. Momenti indimenticabili la mummia di Mazzini che perde pezzi o il Garibaldi ridotto in cenere a esclusione della parlante gamba ferita o, ancora, il dialogo – mangiando savoiardi e con cappellini da carnevale – sugli splendori e le sconfitte del Sud. [...] Molto pop, appunto.”
Nicola Viesti - Hystrio
 

foto di Luigi Avvantaggiato
“Non ne sappiamo molto di più sulla nostra storia uscendo da Risorgimento pop [...] ma ci rendiamo conto di dove siamo noi oggi: sperduti, smarriti, senza memoria, in una palude dove tutto è uguale a tutto. L'attore romano con la complicità di Gaetano Ventriglia allestisce un acido cabaret sulla storia svuotata in mito e dimenticata, equiparata a una qualsiasi delle icone nelle quali giornalmente ci proiettiamo per nascondere le nostre fragilità: Garibaldi come Britney Sperars, Mazzini come un “revenant”, uno zombie imbalsamato che perde i pezzi, i personaggi che fecero l'Italia ridotti a figurine come quelle della squadra di calcio del cuore, con un tocco splatter in più. Non si ride a crepapelle ma a denti stretti a questo spettacolo, grazie all'abilità di due allampanati burattineschi funamboli del nonsense, che usano come arma un'acre, cinica ironia. Tra la morte di Anita ripetuta a tormentone, i neo-borbonici e la gamba di Garibaldi ferita all'Aspromonte, dei padri della patria rimangono solo ceneri. E tanta retorica, smontata con intelligenza.”
Massimo Marino, Corriere di Bologna
 
 "[...] Irriverente e goliardico ma di immediata e godibile presa spettacolare, Risorgimento Pop ha la cifra stralunata cui ci ha ormai abituato Daniele Timpano, in scena con Marco Andreoli (con cui l'ha scritto e interpretato), e col supporto di un cadaverico pupazzo di Giuseppe Mazzini."
Claudio Facchinelli - Sipario
foto di Giuseppe Sinatra
 “C'è spesso un morto negli spettacoli di Daniele Timpano [...] che nella scena ama immettere “cadaveri ingombranti”[...] Nel Risorgimento pop [...] i defunti eccellenti sono addirittura due: Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, per la precisione la mummia del primo e la gamba ferita del secondo. La bizzarria del dialogo muto tra i due convitati defunti e i due attori vivi e scatenati (Daniele Timpano e Valerio Malorni) non sorprende chi frequenta le provocazioni del matt(o)attore romano [...] Né occorre prendere alla lettera le parole del testo (scritto con Marco Andreoli) che sono una continua esplosione di senso, una corsa avanti e indietro tra le righe. Soprattutto un rimandare ad altro. Il Ri-sorgimento di ieri per parlare dell'Italia ri-morta di oggi. L'apparenza di narrazione storico-didattica che si frantuma in uno sberleffo goliardico. Timpano [...] ti si presenta come un nuovo impettito affabulatore di teatro, tra Baliani e Celestini, e due secondi dopo viene posseduto da un demone cretino che gli manda il racconto a gambe (di Garibaldi, è ovvio) all'aria. Lo capovolge in telenovela, con Anita che sembra Heidi nel bosco o Penelope Cruz nella Pampa. Un cortocircuito di sensi, portato avanti a due voci con un partner altrettanto elettrico (la tiritera filoborbonica di Malorni in napoletano è irresistibile). Una scarica di cinismo in forma di cartoon, una pazzia contagiosa che ha qualcosa di Thomas Bernhard. In salsa romana.”
Rossella Battisti - L'Unità
foto di Aurelio Spataro
Scardina la mitologia dei 150 anni lo spettacolo che, ormai da un po' di tempo, Daniele Timpano sta portando in giro per il paese. Partendo dalle figure di Mazzini e Garibaldi questo autore-attore si accanisce su tutto ciò che c'è di contorno alla Storia che fece l'Italia: dai bignami sul Risorgimento per studenti, alle canzoncine su Garibaldi ferito ad una gamba, passando all'idealizzazione della storia d'amore con Anita fino ai sigari “Garibaldi” mentre un Mazzini mummificato diventa oggetto di pellegrinaggi virtuali. Ma, soprattutto, prende di mira chi ha approfittato dei festeggiamenti per l'anniversario per reperire fondi. Un lavoro costruito su connessioni linguistiche, divagazioni surreali e qui la coppia Timpano – Valerio Malorni (la cui tirata filoborbonica in napoletano è un magnifico pezzo di teatro) è quanto meno azzeccata. [...] Un gioco di non sense, il cui senso è chiarissimo: smontare la retorica della ricorrenza in un'”Italia che non sorge, che se è risorta, è rimorta”. Così il tutto si conclude con la distribuzione di santini-bandiere tricolore e una pacca sulle spalle: “Ce la possiamo fare”. Insomma uno spettacolo “su quello che avrebbe potuto essere e non è stato”. Su quello che non siamo diventati.”
Laura Landolfi - Il Riformista
“È stato presentato nella quarta giornata di Primavera dei Teatri il lavoro in prima nazionale di amnesiA vivacE/Circo bordeaux/Consorzio Ubusettete sull'Italia che non c'è o che se c'è stata è morta e poi risorta, per morire di nuovo. Dopo “Ecce robot!”, dedicato all'immaginario dei cartoni animati giapponesi, Daniele Timpano, questa volta affiancato da Marco Andreoli, torna con “Risorgimento pop – memorie e amnesie conferite ad una gamba”, dissacrante e ironico, sicuramente divertente. [...] La scena appare vuota, due fasci di luce, una rossa, l'altra verde (manca la bianca), illuminano due figure che cominciano a muoversi lentamente come zombie romeriani. Lentamente, prima l'uno, dopo l'altro, alzano un braccio per togliersi un panno bianco dal volto: sono due uomini di Chiesa, ma siccome “l'abito non fa il monaco”, niente di meglio che scatenarsi sulle note di Britney Spears, l'icona pop per eccellenza.
Tenendosi lontani anni luce dalla Stora e dalle seduzioni della mitizzazione dei personaggi e dei fatti, gli attori in scena sono schegge impazzite come i loro dialoghi, voce e fisicità da cartoon, che si prestano ad un testo che segue una rotta allucinata e stravagante. “Perché uno spettacolo sul Risorgimento?” chiedono al pubblico, “per ricordare i modelli fondanti e culturali a centocinquanta anni dalla nascita della Patria o più semplicemente per tirarci su qualche soldo?”.
Liberato dal glamour che l'ufficialità gli impone il Risorgimento altro non ha fatto se non cercare di ricucire un corpo già morto, in una macedonia galvanica degna di un Dottor Frankenstein di serie B. È così che Garibaldi, Cavour, Mazzini, Vittorio Emanuele II, i quattro padri della Patria e l'antipapà Pio IX diventano figure di un immaginario pop, più da telenovelas che da fiction patinate, più da fumetto manga che da docu-racconto alla Piero Angela o alla Ascanio Celestini, in un cortocircuito di fatti e stramberie. E così Anita è una extracomunitaria brasiliana bassa e tarchiata e Garibaldi viene sì ferito e cade, ma così è stato anche per Materazzi dopo la testata di Zidane, i briganti sono i no-global del tempo, mentre Mazzini non è più Giuseppe ma Pippo, come nostro signore dei conduttori. “Risorgimento pop” è una favola senza inizio né fine, fatta di mandi e rimandi, di digressioni frammentarie e di acrobazie narrative. Quattro minuti e trentatré secondi netti bastano, senza fare ricorso a bombole di ossigeno, per raccontarlo nella sua interezza, con tutti i suoi eroi e le sue imprese, e rimane anche il tempo per prendere una birra Peroni, data ufficiale di nascita 1846, nel bel mezzo fra la spedizione dei fratelli Bandiera e le Cinque giornate di Milano. In fondo il Risorgimento non è mai esistito, l'impero romano non è mai esistito, sono tutte invenzioni e noi tutti siamo morti, così come il nostro paese. Ma cè ancora tempo per una riconciliazione, sulle note di “Fratelli d'Italia” e con il tricolore che invade la scena: la mummia di Pippo Mazzini, trafugata per l'occasione (servivano a questo i vestiti da prete) dopo 150 anni sta per riconciliarsi con la gamba di Garibaldi. Per un finale che non ci sarà. Siamo tutti mandati a quel paese, ma quale? Il nostro no di sicuro, visto che non c'è.”
Domenico Donato - Il Quotidiano della Calabria

 

[...] Daniele Timpano, dopo i successi di “Dux in scatola “e “Ecce Robot”, ritorna in scena in “Risorgimento Pop” accompagnandosi questa volta a Marco Andreoli. Di Daniele Timpano possiamo ben dire ormai che sia un autore consolidato con uno stile ed un modo di porsi in scena diventato a suo modo paradigmatico. “Dux in scatola”, “Ecce Robot “ sono due creazioni che vanno all'assalto dei miti e delle mitologie, scardinate attraverso una narrazione che tende alla divagazione, alle pause calcolate, che si nutre di esemplificazioni, di aneddoti . Sono spettacoli sempre al limite e che dunque fanno “incazzare” sia i detrattori sia i fautori del mito in questione ed è quello che Timpano segretamente vuole ed è anche, che lo si voglia o no, il fattore che costituisce la particolarità di questi spettacoli. Ecco dunque sotto le grinfie del nostro questa volta va il Risorgimento con i suoi miti. Ecco dunque il Risorgimento ma per Timpano e socio l’Italia non risorge. L’Italia non c’è. La Storia non c’è. Perché è sempre inattendibile. Pio IX, Garibaldi Cavour e Mazzini sono figure che propaganda, vulgata e retorica hanno appiattito, sbiadito e incastrato in quel mito di fondazione forzato, immaginario e falsamente concorde che chiamano Risorgimento. Ma come detto in scena Timpano spesso divaga e, se ci mettiamo un altro attore, le divagazioni aumentano, così spesso lo spettacolo non sa dove andare, ci si chiede spesso e allora? Pur tuttavia “Risorgimento Pop” è divertente e la scena finale con il muto colloquio tra le ceneri di Garibaldi ed il corpo di Mazzini è da ascriversi nel grande teatro.”
Mario Bianchi - Rivista di Teatro ragazzi EOLO

 

“Due preti blasfemi raccontano il Risorgimento. A modo loro. Ricordandone le tappe fondamentali come in un quiz televisivo a gettoni d’oro, pulsanti, cuffie e minuti e secondi da record mnemonici, da ring ansiogeni e Mike Bongiorno. Alla maniera del surrealista, visionario Daniele Timpano che, dopo “Dux in scatola” e “Ecce Robot!”, si lancia nelle fauci, sdentandole, del fine Ottocento nostrano. In un silenzio che pare infinito una bandiera italiana viene proiettata sul fondo, in una lentezza estenuante che prepara la battuta, che s’avviluppa sul e nel testo, debordante come l’autore, a tratti irritante. Sono parroci con gli occhiali scuri da mafiosi, con fazzoletti bianchi sulla faccia come a dire: “Arrendetevi!”, oppure “Siete circondati”. Quasi a significare che non è cambiato molto tra lo Stato Pontificio che comprendeva l’Italia centrale e il Vaticano attuale, che le dimensioni del territorio, quando i confini sono spirituali e l’influenza psicologica, non contano. Il grido di “viva l’Italia” viene sostituito da varie versioni di una celebre hit di Britney Spears, mentre il morettiano molleggiato fumettistico (Paz) Timpano fa Garibaldi nell’esilarante racconto di come non sono andate le faccende storiche dell’epoca incriminata. Il dentro e fuori dalla scena è il pane di Timpano (qui aiutato nella scrittura e in scena dal puntuale e efficace Marco Andreoli, fulminante nell’ingozzamento di savoiardi), tra persona e personaggio, in un dialogo continuo e costante, fino all’esplosione finale con lo spettatore: che siamo qui per voi. Rimane uno spettacolo comico più che di denuncia, dove alla fine il testo, seppure gustoso e con ampi stralci ridens, scivola nell’oblio a (s)vantaggio dell’autore-attore che fagocita la scena, la ingloba con la sua fisicità, con la sua indubbia presenza: di tic e parole e attese e pause e ritorni e balletti tremens sul posto. Garibaldi è la Pop Star, un cantante rock dal brand sfruttato e sfruttabile anche per le ignominie del tempo e speculato come spot, come prodotto pubblicitario vendibile a suon di slogan svuotati, così come il cadavere di Mazzini, riesumato e portato sul palco mummificato e cadente a pezzi, da macelleria a squame. Timpano o lo ami o lo odi.”

Tommaso Chimenti - Krapp last post


Marco Andreoli in Risorgimento pop - foto di L. Avvantaggiato
“[...] Un’operazione simile sarebbe, almeno in partenza, quella che Daniele Timpano, con la spalla robusta in scena di Marco Andreoli, tenta sulla storia patria di due secoli fa con Risorgimento Pop. La bravura di Timpano attore si conferma, come anche il rischio di «uccidere un uomo morto». L’ironia sul periodo risorgimentale, scandalosa quando la facevano tanti anni fa Paolo Poli o Umberto Eco, oggi suona sì divertente, ma se non «spuntata», almeno preceduta dallo scempio di storia cultura e memoria che la destra al governo persegue con successo metodico. “
Gianfranco Capitta – Il Manifesto


foto di Michele Tomaiuoli
“Stupenda miscela di azioni [...] Un crepitio d’invenzioni linguistiche. Una girandola di battute. Un caleidoscopio di situazioni assurde, comiche, surreali, che trovano il pieno e divertito accoglimento del pubblico. [...] L’opera è ben lontana dall’essere uno spettacolo storico e celebrativo. Non è teatro della memoria. Semmai è teatro dell’amnesia storica. Non relaziona un futuro luminosoad un passato glorioso. È uno spettacolo irriverente e smemorato, non didattico, non ideologico, non edificante, e perciò utile. Fatti, avvenimenti e personaggi di riferimento, quando sono complessi e seri come in questo caso, possono essere trattati solo da artisti di raffinata sensibilità artistica, totalmente liberi, trasgressivi, privi di memoria storica, capaci d’ironia e di leggerezza barbarica, artefici di azioni che non sono profanazione della storia patria. Dunque, lontano dalla strada della ricostruzione storica (solitamente noiosa), lo spettacolo conferma una regola: taluni fatti, quando accadono, sono tragedie, a distanza di tempo diventano farse. Ecco un buon motivo per desiderare che gli attori si divertano, seducendo gli spettatori. Sono artisti, non sono storici e non sono educatori. Tradiscono la storia, ma non il senso della storia. Il loro compito è provocare, sorprendere, raccontare il più soggettivamente possibile un determinato fatto o personaggio, stando alla larga dalla presunta o reale verità storica. Se ne allontanano, sapendo che solo allontanandosene hanno la possibilità di poterla sfiorare. [...] Due attori e pochi oggetti in scena. Anche in questo caso un teatro che fa della povertà la sua ricchezza: fatta d’immagini, di suggestioni, di significati di rimbalzo, di emozioni e di divertimento intelligente. [...] Che dire di questi due straordinari interpreti? Ventriglia, che appare più meditativo e razionale del compagno, offre un saggio di recitazione performativa, confermando non comuni possibilità attoriali. Timpano è una furia. Invade il palcoscenico con un corpo frammentato e prorompente che lo fa sembrare una marionetta. [...] Ventriglia e Timpano rifiutano la mediazione del personaggio e si rivolgono direttamente agli spettatori, accendendo gli animi di fertile ilarità. Li provocano in continuazione. Entrano nella loro mente. Ci giocano. Giocano a fare il teatro. Le azioni sceniche sono attraversate da una benefica follia, sinonimo di verità e di saggezza. Sono paradossali, grotteschi, comici, surreali e involontariamente tragici. Sono individui. Sono uomini. Ventriglia e Timpano sono, non sembrano. Sono, non appaiono. Che si vuole di più da una coppia di attori-performers?”
Alfio Petrini – Le Reti di Dedalus

RISORGIMENTO POP - Daniele Timpano e Valerio Malorni
foto di Claudia Papini
“Daniele Timpano [...] una volta mi disse che mi avrebbe gambizzato, gli risposi che rischiava accadesse l'opposto, che io avrei gambizzato lui, e il discorso si chiuse lì, con una muta, inaudita risata (le reciproche minacce erano per sms). Ma a proposito di giocondità anche lo spettacolo [...] Risorgimento pop non scherza. Con Valerio Malorni, il veterano Timpano ci propone una salma di Giuseppe Mazzini e per una ventina di volte rievoca la morte di Anita Garibaldi. In fondo, dice, il Risorgimento non è che una storia d'amore. Ne è protagonista il marito di Anita. Scopo della goliardata (Timpano come eterno studente di seconda liceo) è sfottere i numi che ci sovrastano quest'anno. Popolari, suggella Timpano, sono Pippo Baudo, Albano, Ascanio Celestini, il partito di Casini. Ma Sergio Leone, cavolo, è pop; pop è il bacio perugina e pop è... Garibaldi!”
Franco Cordelli - Corriere della sera 


foto di Andrea Chesi
Cosa hanno in comune Britney Spears e Giuseppe Garibaldi? Il Risorgimento e il McDonald’s? Sono icone pop, ma non intese come popolari bensì come simboli del vuoto, icone divenute tali solo perché una potente major o dei governi hanno voluto creare quel mito, semplicemente per convenienza economica o storico-politica. Soprattutto questo emerge in Risorgimento pop [...] In scena questa volta al Palladium accanto alla follia recitativa di Daniele Timpano capace come sempre di una verbalità (e fisicità) debordante ed effervescente, c’è l’immobilità di Gaetano Ventriglia, la sua compassatezza, la smorfia evocativa e i ritmi mai scontati. I due si presentano al pubblico come una sorta di folli anarchici pronti a spiegare la verità storica e didattica sul Risorgimento e pronti a captare fondi e cachet distribuiti grazie alla commemorazione dei 150 anni dal “glorioso” momento storico. Come avveniva in Si l’ammore no costruito da Timpano con Elvira Frosini, lo spettacolo, i suoi intenti e interpreti vengono enunciati al pubblico, il quale è frequentemente chiamato in causa. Sono vestititi da preti perché in questo modo hanno avuto vita facile nel riportare alla luce il corpo di Mazzini. Imbalsamato, con gli occhi che si staccano rimbalzando sul palco e la mascella che rimane nella mano di Ventriglia, il condottiero viene portato in scena davanti al suo pubblico. Ma non c’è verità e ordine nel racconto dei due: la didattica è folgorata, come in un sussidiario sfogliato velocemente e come quei bambini che ripetono a memoria le pagine studiate, Ventriglia sottoponendosi ad una assurda prova (uno dei “numeri” principali dello spettacolo proposto) racconta tutto il risorgimento in quattro minuti. Ed è questa forse l’immagine che meglio rappresenta Risorgimento pop, ovvero uno spettacolo che davanti al pubblico butta la storia italiana in un tritacarne, la mescola con un tipico tocco di assurdo e ne presenta i resti senza remore allo spettatore. [...] La Storia con i suoi lati ironici, sui quali Timpano come suo solito costruisce divagazioni surreali, che non possono non diventare comiche, è attraversata da un’altra storia: quella personale tra Giuseppe Garibaldi e Anita. Anche in questo caso l’intento è enunciato e autoparodiato, come nel refrain proprio di un brano pop, Timpano si avvicina al proscenio e ogni volta con il medesimo gesto pronuncia il suo ritornello “ma questa è anche una storia d’amore”. Contemporaneamente al refrain teatrale di Timpano parte il ritornello pop per eccellenza. Baby One More Time, brano che scosse le classifiche poco prima del nuovo millennio, è il tappeto musicale del Risorgimento firmato Andreoli-Timpano, è il ritornello della vacuità che costantemente si ripete, è metafora dell’inconsistenza di ciò che ci circonda, è Garibaldi e Mazzini come sempre ce li hanno voluti propinare.”
Andrea Pocosgnich – Teatro e Critica

foto di Luigi Avvantaggiato
“Due uomini, forse. Ma forse due colonne doriche con il marmo all’abside, erette a reggere un concetto vecchio e pure urgente: l’idea di una patria Italia infetta nella sua gestazione, e quindi nata e cresciuta in direzione asimmetrica. Poteva forse diventare diversa da com’è, storta già alle fondamenta? Ma forse due monumenti, invece, due statue in memoria dei caduti per le guerre d’unità che hanno afflitto il territorio che ora chiamiamo il nostro paese. Forse. Ma perché no due pali della luce, allora: due steli dritti in piedi, con il lampione sul capo, perché ce n’è da far luce sulla storia contemporanea. Quel che è certo è che questo è l’inizio, a volto coperto, di uno spettacolo nato dalla penna di Daniele Timpano e Marco Andreoli, in scena per lo stesso Timpano e Gaetano Ventriglia: questo folle, furente Risorgimento Pop. Della nostra Italia c’è un corpo, ed è questo il dato più efficace: c’è corpo per una entità che quasi non esiste, per qualcosa che abbiamo spiaccicato in fondo ai nostri sentimenti collettivi, nell’epoca invece dell’imperante individualità, è un corpo, dicono, ricucito male come quello di Frankenstein, un corpo zombie che ci vendiamo per vivo ed è morto da tempo, imbalsamato come il cadavere di Mazzini, che di questa Italia è padre e, in fondo, uno degli ultimi che ne sapessero, di questo, il significato. E allora eccola, questa Italia distesa come quei corpi crivellati dai colpi, morti al primo e che saltano a ogni sparo ancora a colpirli, con gli occhi già chiusi a un trapasso violento, che resta a terra esangue nel corpo, esanime nello spirito. [...] Cosa si vede attraverso questo spettacolo? Si vede la storia e il nulla complessivo della sua verità, si vede la potenza della verità resa icona che diventa il suo contrario, la storia iconizzata in senso pop, ossia prendendone il peggio, soltanto la superficie e, credendo che basti, lasciarne l’intimità al ludibrio infame di brutali e pericolosi revisionismi; attraverso c’è, segreto, l’appello alla coscienza che passa per un disegno grottesco e falsamente banalizzato, per proprio ribaltarne il senso ultimo. [...] Qualcuno si chiedeva come potessero due performer di questa portata dividersi un palcoscenico, e hanno dimostrato quanto invece sia possibile: Daniele Timpano attira su di sé il fulcro connettivo ma ben sapendo di romperlo di continuo, su sé stesso, creando un effetto vertiginoso davvero efficace; mentre di Ventriglia ci si chiedeva cosa potesse fuori dal suo teatro, salvo rendersi conto poi che non è lui fuori dal suo teatro, è il teatro di altri indossato da Gaetano Ventriglia, dimostrando ancora, se ce ne fosse bisogno, la qualità pura e profonda del suo talento. Dunque uno spettacolo importante, che non sembra affatto pericoloso come qualcuno ha detto, per come vede questo paese: hanno ragione Timpano/Andreoli a dire di una deriva che è prima nelle nostre coscienze, che conosciamo a memoria l’inno di Mameli, per dire, ma non sapremmo indicare che significa “stringiam’ci a coorte”…e allora che se ne parli, che si mettano di nuovo l’uno di fronte all’altro Mazzini e Garibaldi, a guardarsi senza fare un passo, come due rette parallele: uomini di convinzione loro, padri entrambi di questa Italia presa in adozione che, come da copione, non si incontrano mai."
 Simone Nebbia - Lettera22

" [...] Cos’hanno in comune Giuseppe Garibaldi e Britney Spears? Molto secondo la coppia Daniele Timpano-Gaetano Ventriglia e il loro Risorgimento Pop [...] In un paese che non c’è, perché non è mai risorto, la hit Baby One More Time della reginetta del pop di fine millennio è il tappeto musicale ideale su cui appoggiare la storia di un’Italia che se è stata è morta e poi risorta, per poi morire di nuovo. Un’Italia che se anche non c’è ha già quattro papà (Garibaldi, Cavour, Mazzini e Vittorio Emanuele Secondo II, «che poi che senso ha che il primo re d’Italia si chiami II?») e un’antipapà (il Papa Pio IX, che ordinò l’opposizione formale alla presa di Roma). Simboli pop, falsi miti, come Pippo Baudo, l’amaro Ramazzotti e il destino di una Repubblica fondata sull’amicizia, quella di Maria De Filippi e della loggia P2. Una favola dissacrante e ricca di digressioni di fantasia, ma «soprattutto una storia d’amore» chiarisce Timpano al pubblico, continuamente chiamato in causa, deriso e, perché no, anche insultato. Quella tra Giuseppe Garibaldi e Anita, tra «l’uomo di mondo, anzi di due mondi» e «un’extracomunitaria brasiliana analfabeta», continuamente fermati nell’attimo che precede la morte di lei, malata nel freddo delle Alpi, di Comacchio o semplicemente sacrificata dal Garibaldi che le stringe le mani al collo perché rallenta l’avanzata dei Mille, «anche se tutto questo ovviamente non è mai avvenuto» ripete nel suo refrain Timpano. Il lavoro di amnesiAvivacE/Circo bordeaux/Consorzio Ubusettete, per la regia dello stesso Daniele Timpano e di Marco Andreoli, è una scheggia impazzita in bilico tra storia e immaginazione, dove tra una pausa a Teano e le ripetute morti di Anita in scena, si gioca (e si ride) con le icone di un mito «falsamente concorde» qual è il Risorgimento. E la coppia Timpano-Ventraglia, con ritmi diversi di corpo e voce (effervescente e instancabile il primo, disincantato e cinico il secondo), sceglie di iniziare dalla fine e apre la piéce con due fasci di luce, uno verde e uno rosso. Manca il bianco e manca anche l’Inno di Mameli, al suo posto ci sono il pop di Britney Spears e due attori vestiti da sacerdoti, reduci da una missione: trafugare la salma imbalsamata di Mazzini (opera del lodigiano Paolo Gorini, a cui i due dedicato un’ampia parentesi) dal cimitero di Staglino con l’intento di farla riconciliare con la gamba di Garibaldi, dopo 150 anni. O forse no. Forse l’intento è semplicemente quello di costruire uno spettacolo didattico («tutto il risorgimento in quattro minuti e trentatré secondi», come la lezione imparata a memoria dai bambini in cui, in un crescendo di assurdità, trovano spazio la scoperta della ricetta del Parmigiano reggiano e l’invenzione della birra Peroni) o ancora quello di «guadagnarci qualche soldo in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dalla fondazione» (il prossimo anno), cercando di mettere ordine nella toponomastica italiana («un cimitero lungo uno stivale»), ricca di vie e piazze dedicate agli eroi del Risorgimento. Al pubblico, reo di non lasciare la sala all’intimità di Garibaldi e “Pippo Mazzini”, non resta che essere “mandato a quel paese” dai due che lasciano senza raccogliere gli applausi."

Rossella Mungiello - Il Cittadino
Marco Andreoli e D. Timpano a PRIMAVERA DEI TEATRI 2009

 "[...] "Risorgimento pop", incentrato sui temi del Risorgimento italiano, potrebbe essere definito uno spettacolo "contro-didattico", che, partendo da modi e codici del Teatro di Narrazione, li scardina dall'interno con risultati a dir poco esilaranti. [...] Tremendamente efficace [...] il parallelismo tra "l'Eroe dei Due Mondi" e nientepopodimeno che la regina del Pop Britney Spears: entrambi, secondo Timpano, icone immateriali costruite a tavolino per vendere un "prodotto": musichette orecchiabili da un lato e dall'altro l'Italia-Unita, ma anche, all'occorrenza, tonno in scatola, sigari toscani, pastasciutte, mentine e chi più ne ha più ne metta; tutti uniti nel marchio "Garibaldi". La costruzione del mito passa anche dall'eroicizzazione romantica delle gesta amorose, da Anita, presentata come un'eroina da soap brasiliana, a Justin Timberlake: tutto è lecito, purché venda. E dopo un dibattito infervorato tra separatisti monarchici e sabaudi a colpi di savoiardi si è lasciati a domandarsi se quest'unità d'Italia non sia tutta propaganda. [...] l'epopea del Risorgimento, così come ci è stata insegnata a scuola e come le istituzioni la vorrebbero vedere celebrata in occasione del 150°, viene presentata come una grande "operazione mediatica": qualcosa di cui diffidare. La domanda sorge spontanea: come andò davvero? Se l'Italia non è mai stata unita davvero, allora cos'è?"

Lucia Mieli - Teatri Milano 

Marco Andreoli in Risorgimento pop - foto di L. Avvantaggiato
“Più che un monologo a due voci, è preferibile definirla una lezione di storia e filosofia sul Risorgimento [...] Un esperimento teatrale umile e divertente con due "preti": Daniele Timpano, che è anche regista della pièce insieme a Marco Andreoli, e Valerio Malorni, giovane attore di notevole talento [...] Sono loro che raccontano la storia d’Italia [...] I due attori riescono a "reinventare" il Risorgimento con un'operazione piuttosto demistificatoria ed irriverentemente dissacrante, grazie anche ad un felice repertorio di invenzioni linguistiche e di situazioni surreali al limite dell'assurdo e del grottesco. Lo spettacolo verte su un'Italia rinata (e qui anche il Rinascimento viene implicitamente messo in discussione, come altro mito fondante del nostro immaginario culturale) e risorta, che non c’è e che se è risorta è però anche rimorta, in una spirale paradossale di battute che trovano negli spettatori un consenso scandito da frequenti applausi.
La vera assente è la Storia con la "S" maiuscola, perché è sempre inattendibile: non c'è qui né la retorica delle "magnifiche sorti e progressive", né quella, antitetica ma altrettanto stucchevole, della fine del mito del progresso. Toni che sono presenti per molti versi anche in quel grande romanzo che è Il cimitero di Praga di Umberto Eco, dove pure il nostro Risorgimento viene letto sotto un'ottica demistificatoria.
Episodi come le cinque giornate di Milano, l’impresa dei Mille e Porta Pia, o personaggi come i "quattro padri della patria", Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele, e il suo "antipapà", Pio IX, benché siano diventati per molti versi figure sbiadite che una propaganda retorica ha appiattito e reso indigeste, trovano qui una sorta di paradossale riscatto in un'ottica "pop": siamo in presenza di una trasgressione ironica e proprio per questo più incisiva, perché non assistiamo a un'operazione di pedante revisionismo, ma piuttosto ad una performance "leggera" in cui gli stessi attori si divertono con il pubblico, anche quando mettono in scena il "cadavere" di Mazzini o le ceneri di Garibaldi. [...] Uno spettacolo divertente ed istruttivo che non fa vedere con occhi diversi la ricorrenza dell’unità d’Italia, ma cerca di ri-donare la giusta gloria ai nostri antenati.”
Simone Vairo, Teo OrlandoGothic Network
foto di Giuseppe Sinatra
“Il teatro di Daniele Timpano sa coniugare passione storiografica con una grande conoscenza delle dinamiche italiote, raccontate e messe alla berlina, con grande passione civile e politica dove la sua vena satirico-umoristica si declina con quella di denuncia per i pessimi costumi nostrani. [...] Spettacolo a due voci, vede Timpano affiancato da Valerio Malorni [...] Tra vocazioni pedagogiche e ricordi da sussidiario delle elementari i due attori analizzano, ripercorrono, parodiano l'intero armamentario retorico risorgimentalista [...] Timpano e Malorni compiono un'indagine sulle permanenze risorgimentali nell'immaginario collettivo che si collocano nei nomi dati alle vie, piazze, ma anche ai dolci, gelati, sigari, giochi, piuttosto che in precisi concetti storici, compiendo un intelligente gioco di capovolgimento. Presentano biografie fantasiose [...] come fatti plausibili, smentiti subito dopo, e danno parvenza di fatti inventati a quelli di solida base storica. Più che sulla Storia e sulla Politica del risorgimento i due attori intervengono sugli aspetti privati delle vite di questi eroi, aspetti che più delle loro gesta sono assurti a simbolo patriottico nell'immaginario collettivo. Così raccontano dell'imbalsamazione di Mazzini (rifacendosi al libro di Luzzatto La mummia della Repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato), di cui presentano la salma imbalsamata in palcoscenico, trafugata a Genova (un manichino alquanto realistico, realizzato da Francesco Givone, con gli occhi che si staccano rimbalzando sul palco e la mascella che rimane in mano a Malorni) al quale oppongono Garibaldi, il quale, nonostante avesse chiesto la cremazione, fu seppellito. Ne deriva per lo spettatore uno spiazzamento cognitivo la cui vera causa non sta nello spettacolo, che anzi sfrutta intelligentemente le lacune dei suoi spettatori per invogliarlo a documentarsi, ma nell'ignoranza dello spettatore dimostrando la pessima memoria storica del Paese e anche la retorica di queste celebrazioni che non sono saldamente scritte nel nostro immaginario. Troppo distratti da pratiche consumistiche contemporanee gli spettatori (gli Italiani) vengono presi in giro apertamente. Timpano arriva a impiegare un brano di una icona pop contemporanea come Britney Spears come leit-motiv delle vicissitudini romanzate di Anita (una extracomunitaria emigrata dal Brasile...) su cui ripetutamente ritorna durante tutto lo spettacolo [...] Privi di memoria e dunque di capacità di riconoscere l'attendibilità storica non possiamo giudicare la correttezza delle ricostruzioni, degli omaggi storici, che viviamo e fruiamo esattamente con lo stesso approcci di quando ascoltiamo Britney. Si giunge così a un finale, spassoso e spiazzante, nel quale i due performer lasciano sul palco da soli la mummia di Mazzini e le ceneri di Garibaldi, hanno pensato loro a esaudire il suo desiderio, cremandone il cadavere, tranne la gamba, quella che fu ferita, augurandosi che il repubblicano e il monarchico si riappacifichino... Ma nessuno dei due sembra fare ... la prima mossa. [...] Ci si diverte molto assistendo a Risorgimento Pop e le risate sono corroborate dall'intelligenza della scrittura drammaturgica, dalla precisione di esecuzione con la quale i due attori ci ripropongono la storia del farsi del nostro Paese. Una storia che non conosciamo, la storia di un Paese che non è più e che forse non è mai stato.”

Alessandro Paesano – Teatro.org
 
foto di Giuseppe Sinatra
“Risorgimento sotto inchiesta. [...] una rivisitazione sui generis e un singolare J’accuse nei confronti di una diffusa speculazione della memoria storica. [...] Daniele Timpano e Marco Andreoli, artefici del lavoro, scelgono la provocazione come cifra stilistica di un dissacrante excursus storico, che svela le tante contraddizioni di una memoria unitaria oggi affidata a serie tv strappalacrime, spot pubblicitari, toponomastica e operazioni di sciacallaggio. Ma tutto questo non ha forse contaminato il vero messaggio storico? Che fine hanno fatto i Mille? Le persone ci tengono davvero a ricordare la storia? E chi erano Mazzini e Garibaldi? Realtà, provocazione e finzione si passano il testimone, mentre i due interpreti, ambasciatori dello Stato della Chiesa, in abiti clericali - entrambi abili caratteristi - si sdoppiano interpretando un po’ gli idoli del Risorgimento e un po’ loro stessi, come attori precari su un palco a caccia di applausi. Interrogano il pubblico, lo stuzzicano, lo offendono. [...] Giuseppe Mazzini sulla scena è un cadavere, che attende di risorgere, il capro espiatorio della carnefice sete di gloria dei nuovi “padri” della patria. Una meteora, che ha perso ogni luce. L’uso evocativo dei fantocci sulla scena (oltre a quello di Mazzini c’è anche la “reliquia” della gamba di Garibaldi) è l’unico elemento teatrale; il resto della pièce è affidato a un racconto non racconto verbale e alla messa in ridicolo di un’umanità ormai abbandonata dalla storia.”
Miriam Monteleone – Il Tirreno
fotodi Giuseppe Sinatra
“[...] I due attori, immensi nei loro ruoli istrionici, sembrano maltrattare la Storia dell’Unità d’Italia, dissacrandola sulle note di Baby one more time di Britney Spears, improbabile colonna sonora che fa da sfondo ad ancor più improbabili racconti drammatici sugli ultimi attimi di vita di Anita Garibaldi. I quattro padri della patria diventano oggetto di irriverenti sbeffeggiamenti sui rispettivi ruoli e sulle loro vicende storiche, dal ferimento di Garibaldi alla maldestra mummificazione della salma di Mazzini, con considerazioni ciniche e dal gusto moderno, intriso di pragmatismo e disillusione. L’eroe dei due mondi, confidenzialmente chiamato Pippo, viene presentato come un’icona pop, alla stregua di Madonna, della birra Peroni e del Bacio Perugina, con la sua personale identity definita da centocinquant’anni di interpretazioni, rimaneggiamenti, clichè e falsi miti. Timpano e Malorni, in realtà, non fanno che puntare i riflettori (rigorosamente verde, bianco e rosso) sulla patinatura da gossip che si è andata man mano stratificando sulle vicende che ruotano attorno all’unificazione di un paese che, di fatto, non poteva risorgere se, prima del 1861, non esisteva realmente. Una inevitabile edulcorazione di gusto patriottico che ha deformato e reso effettivamente pop fatti e personaggi, con le loro svariate trasposizioni televisive, cinematografiche, romanzesche, musicali e che ha trovato il suo culmine, appunto, nei festeggiamenti del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. Risorgimento pop può definirsi un degno risultato di tale stratificazione? Sicuramente sì, ma tra i più ironici e spassosi di sempre. Con un coinvolgimento di pubblico esilarante, lo spettacolo si è guadagnato [...] un posto tra le performance teatrali più singolari e memorabili del momento, forte del fatto che, al suo pubblico, nulla è stato risparmiato. I due attori, con scintillanti colletti da prete in bella vista, hanno sdoganato sul palco termini, atteggiamenti, argomenti e immagini che hanno sorpreso i presenti e fatto storcere qualche naso perbenista. Le prime file hanno respirato il fumo dei loro sigari ('Garibaldi', ovviamente) e ricevuto le briciole dei savoiardi che Malorni ha lanciato contro Timpano in un accesso di partenopeismo filo-monarchico. Qualcuno dirà, di quello spettacolo, che c’era birra e c’erano insulti, tra i due e, verso la fine, addirittura rivolti al pubblico! E c’era un cadavere, quello di Giuseppe Mazzini, accompagnato dalla raccapricciante storia di Paolo Gorini, sinistro imbalsamatore massone. E sul finale è apparsa una gamba mozzata e delle ceneri in due barattoli di pomodori pelati e il palco era sporchissimo ed è risuonato uno STRONZI! rivolto agli spettatori solo perchè avevano applaudito. Insomma, un vero capolavoro, da qualunque punto lo si guardi, specie se si sperava in qualcosa che fosse Pop ‘prima maniera’. Un’opera che diverte, fa riflettere e sconvolge chi non la intende o si lascia distrarre dalla forma insolita senza comprendere appieno la potenza comunicativa e creativa dei due animali da palcoscenico e del testo teatrale. Restano, ai fortunati che hanno assistito a questo spettacolo, moltissimi spunti di riflessione sul Bel Paese e su come intendere la parola ‘Risorgimento’, senza confondere le dichiarazioni di Britney Spears con le frasi storiche dell’eroe dei due mondi. E un talloncino tricolore con l’incitamento ‘CORAGGIO!’ stampato sul retro. Perchè, «in fondo, questa è una storia d’amore». 
Salvatore Modugno – L'Altra Molfetta

foto di Giuseppe Sinatra
"Politicamente scorretto, storicamente irriverente ed estremamente umoristico. Un mix perfetto per una performance davvero unica, particolarmente piacevole e riflessiva allo stesso tempo. Se i festeggiamenti per i centocinquanta anni di unità nazionale sono finiti, non sono finite le polemiche sul senso di unità e patria. Quella di Timpano è una riflessione lucida e piena di suggestioni. Giustamente provocatorio su un momento storico che ha prodotto l’Italia di oggi, l’Italia che vede i leghisti in Parlamento, l’avanzare del fanatismo neo-borbonico, i Savoia (che a volte ritornano) tra show televisivi, giri di prostituzione e carcere… Daniele Timpano riesce a giocare molto bene con gli elementi compositivi dei suoi spettacoli. Solo per fare qualche esempio ha portando in scena pezzi dei protagonisti di quell’Italia che fu irriducibilmente pronta al morte ma non alla Repubblica. Il cadavere imbalsamato di Giuseppe Mazzini – per gli amici Pippo! – e la gamba ferita di Garibaldi sono parti di un unico essere che stenta a riconoscersi (e quindi ad apprezzarsi). Accompagnato da Valerio Malorni, propongono una lezione di storia svecchiata ed accattivamene. Una prova dura per i due attori che riescono a mantenere molto bene la scena. Nelle loro mani, la storia d’Italia è un’amara realtà ma anche una riflessione caratterizzata da una risata spontanea e immediata. Con un linguaggio e un ritmo piacevolmente pop!" 
Napoleone Zavatto - Teatrionline.com

foto di Giuseppe Sinatra
"Risorgimento Pop [...] comincia con i due attori sul fondo della scena con in testa un drappo bianco e illuminati da una luce rossa e una verde. Vestiti da preti i due scoprono il capo, come si fa sollevando i drappi all’inaugurazione dei monumenti; inforcano poi gli occhiali da sole e cominciano a ballare sulle note di Baby one more time di Britney Spears.
Qui comincia l’opera: un Risorgimento destrutturato, decostruito e “decelebrato”. E a decelebrarlo ci pensa lo stesso Timpano che interrompe la narrazione storica con alcuni inserti da telenovela sudamericana [...] in cui si racconta la morte di Anita Garibaldi tra le braccia del suo Giuseppe  (Timpano in realtà mette in scena alcune versioni effettivamente circolate sulla morte di Anita, compresa quella dello strangolamento della moglie da parte di Garibaldi stesso. Oltre a ricordarci che di telenovelas sulla storia d’amore tra i due ne esistono, come potete voi stessi verificare su youtube). Inserti che si concludono con un “sarebbe stato bello se questo fosse avvenuto ma in realtà non è successo”.
Facendo incontrare Giuseppe Garibaldi e Britney Spears, Timpano mostra la cornice narrativa che invera le narrazioni pop: non mette in scena il Risorgimento ma mette in primo piano, smontandolo, il quadro retorico con cui questa storia ci è sempre stata narrata. [...] 
Timpano e Ventriglia cercano infine di far fare la pace ai due padri della patria, Giuseppe (Peppino) Garibaldi e Giuseppe (Pippo) Mazzini, dopo aver fatto passare ciò che resta dei due cadaveri degli eroi nazionali dal dispositivo teatrale assurdo, demenziale e decelebrativo messo in piedi da Timpano. I due cadaveri si rifiutano però di risorgere. Un po’ come l’Italia di oggi."

Daniele Salerno - Trame